Vivere senza un piano, senza panico | #11
Come gestire la crisi della ragione dopo una scelta di pancia
Che abbiate un piano o no, la vita passa in fretta. Ecco perché ho creato un riassunto audio di 4 minuti del post di questa settimana.
🎙️ Il risultato attuale è nato dopo un po’ di test ed è un risultato provvisorio, per non dire cringe, ma migliorerà di settimana in settimana, come tutto quello che sto facendo ultimamente.
🕰️ Se avete 6 minuti, comunque consiglio anche la lettura del post dove viene spiegato nel dettaglio cosa significa per me, vivere senza un piano.
🍣 Lunedì ho passato la mattinata al Libraccio di Romolo a Milano, passeggiando tra gli scaffali dei libri usati. Ne sono uscito con The Twelve Monotasks di Thatcher Wine, che poi ho un po’ bagnato leggendolo sotto l’ombrello. Mentre tornavo a casa mi è venuta voglia di sushi e ho continuato a leggere anche mentre mi abbuffavo di nigiri. Sono tornato a casa e ho dormito finché ne ho sentito la necessità.
Poi ho continuato a leggere.
⚡️ Martedì non avevo nemmeno la voglia di alzarmi e ho letto TUTTO Harry Potter e la pietra filosofale dall’inizio alla fine. Mi sono imbattuto nell’edizione nuova, quella in cui Silente è rimasto Silente mentre tutti gli altri hanno il nome inglese. McGonagall invece di McGranitt non riesco proprio a digerirlo e che il film non abbia inserito il meraviglioso dialogo tra i centauri nella Foresta Proibita è inspiegabile.
Se non ricordate di cosa stia parlando, forse dovreste rileggerlo anche voi.
🤑 Mercoledì al contrario mi sono svegliato con un’incredibile voglia di cercare dei clienti e tornare al lavoro e ho passato tutta la mattina ad inviare mail. Poi mi hanno chiamato per un’opportunità che ci ho messo un giorno interno a decidere se accettare o meno e nel pomeriggio mi sono rimesso a spammare mail e a preparare la presentazione per il progetto in partenza.
A cena sono andato con la mia fidanzata in un ristorante cinese per festeggiare l’inizio dell’anno nuovo.
Non volevamo proprio perderci la possibilità di festeggiare un secondo capodanno
📹 Giovedì ho cominciato Harry Potter e la camera dei segreti, ma non appena la scritta
La camera dei segreti è stata aperta, temete, nemici dell'erede!
è comparsa sui muri di Hogwarts, io me ne sono tornato bello bello ad inviare email in cui raccomando i miei servizi da produttore di contenuti pubblicitari a quei clienti che hanno bisogno di qualcosa di più complesso ed elaborato di un TikTok per vendere i loro prodotti.
Harry, Ron ed Hermione sono ancora lì davanti la scritta insanguinata che aspettano il mio ritorno.
☕️ Venerdì mi sono alzato tardi perché la notte l’ho passata in bianco, pensando e ripensando al piano… Ma quale piano, tu non hai un piano!
Alle 09:30 ero già di nuovo con la testa china sul computer ad inviare mail di presentazione con una mia foto vecchia di almeno sette anni e un elenco infinito di esperienze che tra qualche anno probabilmente inizieranno a scricchiolare, annichilite da ciò che l’intelligenza artificiale potrà produrre senza la mia intermediazione.
Ma è proprio per questo che è importante non avere un piano!
Perché come dice Mike Tyson e ormai tre quarti di internet compreso me:
Tutti hanno un piano...finché non prendono un pugno in faccia
Così termina la mia settimana lavorativa.
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I miei piani precedenti
Se come me siete cresciuti tra la metà degli anni Novanta e il primo decennio degli anni Duemila, sicuramente avete un piano.
Un piano che probabilmente o non sta funzionano come vi sareste aspettati o che è già andato storto.
Lo vedo, è nel retro dei vostri pensieri quotidiani; è quella cosa che vi muove come delle marionette. Per cui innanzitutto, prima di guardare a quanto è bella la vita senza piani, ecco una rapida carrellata di alcuni dei miei che sono già andati in frantumi:
🎹 Diventare un pianista
📖 Pubblicare un libro e “fare” lo scrittore
💘 Stare per sempre insieme alla mia prima fidanzata
🛩️ Fare un viaggio in Argentina dopo il liceo
📊 Studiare economia e lavorare in un’azienda corporate
⌛️ Laurearmi in triennale e magistrale in tempo
📽️ Lavorare nel cinema
✉️ Avere un contratto a tempo indeterminato
👨👩👧 Mettere su famiglia
🏠 Vivere in una casa mia, grande tanto quanto quella dei miei genitori
🇮🇹 Lavorare all’estero
Attenzione, questi non sono sogni infranti. Sono piani, alcuni anche piuttosto solidi. Tralasciando il fatto che fossero dei piani indotti o miei reali desideri, tutto ciò che ho elencato sopra è stato un obiettivo concreto per cui ho speso tanto tempo, risorse economiche e mentali e per cui ho dato una precisa direzione alla mia vita nel tentativo di “metterli a terra”.
Ma i piani sono come le scale di Hogwarts, a loro piace cambiare.
Dove mi hanno portato i piani
Non sono diventato un pianista perché odiavo suonare e ho subito maltrattamenti dai miei insegnanti, per cui ho mollato intorno ai quattordici anni.
Crescendo, il rapporto con la mia prima fidanzata è evoluto e abbiamo capito che stare insieme ci avrebbe solo fatto del male e ci siamo lasciati, mentre il viaggio in Argentina l’ho rimandato talmente tanto da capire che non volevo davvero andare in Argentina. In compenso sono stato in Portogallo, Spagna, Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria, Grecia, Slovenia, Slovacchia e Repubblica Ceca.
Che ho mollato tre volte il lavoro dipendente (spero che questa sia l’ultima) e che non ho né una casa di proprietà né una famiglia, lo sapete già perché ne ho parlato nei post precedenti.
Il punto qui è che possiamo sempre scegliere di aderire passivamente al piano generazionale che ci sia stato indicato, o a qualche obiettivo interiorizzato come avere una famiglia, vivere la carriera come un vettore puntato verso l’alto o lavorare fino a 72 anni per pagare la pensione a mio nonno che a 47 anni era già in fila in posta per ritirare il suo assegno, ma ci sono almeno altri due approcci:
Stick to the plan. Partiamo con il primo, quello che già conosciamo: qualunque cosa succeda, mai cambiare piano. Non importa sapere perché stiamo andando avanti o se il piano è ancora aderente alle nostre volontà (o se mai lo stia stato), il punto è andare sempre avanti.
Un mio amico ha deciso di diventare giudice a 15 anni, al secondo anno di liceo e oggi che ne ha 34 sta ancora cercando di passare le prove del concorso di magistratura. Dopo 19 anni il suo piano è ancora lo stesso.
Non è questione di giusto o sbagliato; è una via. Io non sono mai riuscito a perseguirla e lo dico con una punta di rammarico, sia chiaro.Stick with the plan: questa seconda accezione è più morbida e favorisce la continuità piuttosto che la conformità. In questo senso il piano è inteso come qualcosa che ci accompagna e ci guida, ma che muta assecondando la nostra crescita. Siamo liberi di rivedere le milestones del percorso e di anticipare o posticipare dei traguardi o persino di liberarci di certe tattiche inutili. Io ho vissuto tutta la mia vita così, ripudiando il cinema dopo esserci entrato, strappando il contratto indeterminato dopo averlo ottenuto; ignaro che potesse esserci una terza via, oltre le prime due.
No plan: che si abbiano piani oppure no, la vita va avanti comunque, e per quanto gli essere umani siano portati all’entropia qualcosa dovremo pur fare per non soccombere.
Non avevo mai considerato la possibilità di scoprire come impiegare il tempo della mia esistenza strada facendo, lasciandomi incuriosire da obiettivi mai considerati o da tattiche inesplorate.
In un certo senso questa strada è esattamente l’opposto di come si considera ancora oggi il lavoro (soprattutto) dipendente in Italia: disponibilità oraria indipendentemente da compiti e obiettivi reali.
In questi giorni sto scoprendo l’approccio opposto: essere libero di assecondare tutte le mie intuizioni creative fidandomi esclusivamente del ribilanciamento automatico di energie, messo in atto dal mio io ancestrale.
Chissà dove mi porterà.
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Conclusione: il bello (e il brutto) di non avere un piano
Io scrivo di quello che scopro e arrivati fin qui devo ammettere che non sono io l’autore della vita senza piani, ma ci ho riflettuto solo dopo aver letto Paul Millerd e il suo ultimo libro Good Work.
Raccontando il suo percorso dopo anni da consulente high salary di McKinsey, Paul scrive di come abbia ritrovato la voglia di lavorare (che il ruolo precedente aveva quasi completamente disintegrato) codificando il suo personale Good Work grazie a periodi di sperimentazione e incertezza e basando il proprio percorso su curiosità e crescita personale.
Per tanti anni io ho sognato la libertà, questa condizione che sentivo di non avere, ma a volte il desiderio di libertà può essere confuso con il bisogno di assistenza.
Immergersi davvero nell’enorme spettro di possibilità che una vita senza obblighi ci concede può essere arduo, ecco perché non credo che sia uno stile di vita adatto a tutti. Non so ancora nemmeno se sia adatto a me, ma di sicuro tutti dovrebbero provare almeno una volta a vivere senza piani, costruendo il proprio futuro sulla sperimentazione andando a fondo alle cose che sentiamo ci stiano chiamando.
È tosto e anche un po’ inquietante, ma in fondo siamo dei fottuti cacciatori-raccoglitori; siamo genericamente codificati per svegliarci la mattina e trovare un modo creativo di sopravvivere.
Infine so che il piano “tradizionale” che ci siamo tramandati potrebbe essere quello con le maggiori probabilità di sopravvivenza, ma se non fossimo mai usciti dalla caverna non avremmo nemmeno mai notato delle pietre rotolanti che innescavano casualmente una combustione su degli arbusti secchi, e non saremmo mai giunti ad avere tutti una newsletter personale che scriviamo sbattendo i ditoni sulle nostre bellissime tastiere Mac.
La vita senza piani è fatta anche di solitudine. Se questo post è riuscito a comunicarti qualcosa, prima ancora di iscriverti o di condividere, commenta!
Scrivo per incontrare altri come me, che sono dov’ero io o che sono dove vorrei essere e parlarne insieme.
Per cui ti prego, scrivi pure ciò che desideri. Questo spazio è per te!
Io sto provando a vivere senza un piano: mi sono data un anno per concedermi il lusso di non programmare. È difficile farlo capire alle persone che mi circondano (compresa la mia famiglia, che a parole mi sostiene, ma che sento innervosirsi ogni giorno che passo senza cercare un lavoro). E alla fine, forse, è difficile “spiegarlo” anche a quella parte di me che in fondo pensa di non meritarsi questo tempo libero.