« È morto Andrea »
Iniziò così un’insolita telefonata tra me e mia madre circa un anno fa.
« Andrea chi? »
« Andrea, il marito di Marina, l’ingegnere. Andavi a casa sua da piccolo. Ti ricordi? »
« Ah. E come è successo? »
« Tumore al cervello. Se ne sono accorti due settimane fa; è stato fulminante. »
« Ah. »
« … »
« Beh, lì com’è il tempo? Qua piove da due giorni. »
INDICE
① Apprendistato esistenziale
② Come te ne accorgi?
③ Ciò che so sull'argomento
▻ Principio di autorità vs Mentorship
▻ Attirate non supplicate
▻ Mentore ≠ Coach ≠ Psicologo
▻ Qualcuno che è stato dove vorreste andare
④ Ho letto troppo, ora devo scrivere
⑤ Conclusione
Apprendistato esistenziale
Mio padre voleva fare il musicista ed è finito a saldare portelloni Ducato in una fabbrica locale del gruppo Stellantis. Mia mamma voleva insegnare, e alla fine in una scuola ci lavora davvero, ma come bidella1.
Entrambi i destini dei miei sono stati segnati dall’incapacità dei propri genitori di saperne indirizzare le ambizioni. Per questo, fin da piccolo, hanno sempre cercato di trovare la persona più adatta a risolvere i miei problemi.
In casa mia regnava la convinzione che il mondo fosse diviso nettamente tra artigiani e sguatteri, capitani e mozzi, maestri e apprendisti.
Nonostante io oggi metta continuamente in discussione questa dicotomia, non posso che essere grato a entrambi per aver tentato, con i loro mezzi e finché ne hanno avuto le possibilità, di rendermi parte della prima categoria.
Così, il giorno in cui manifestai a mio padre la totale confusione sulla facoltà universitaria da scegliere, lui sgranò gli occhi, si schiarì la voce e disse:
« E che ne so Samue’, io non ho manco finito il liceo »
Il giorno dopo però, durante una festa di compleanno in famiglia, mi presentò Andrea.
« A lui piace leggere, legge di continuo; quando parla nemmeno lo capisco più » diceva mio padre a quest’uomo alto e robusto che si stagliava di fronte a noi ridendo fragorosamente.
« Un giorno dice che vuole fare lettere, quello dopo psicologia, ora sono giorni che si è fissato con economia. Io non so come aiutarlo, parlaci un attimo tu »
« Piacere, Andrea » disse lui rivolgendosi subito a me.
« Samuele » risposi stringendogli la mano.
« E così sei indeciso tra lettere, psicologia o economia eh? »
« Eh si diciamo; non è che sia appassionato di qualcosa in particolare. So solo che medicina, ingegneria e giurisprudenza non sarei in grado di farle, per cui sto andando un po’ ad esclusione » risposi timidamente.
« E se facessi prima economia? tre anni e ti trovi un bel lavoretto e se poi avrai ancora voglia di studiare, puoi ricominciare da lettere, psicologia, filosofia; quello che vuoi! »
Scoppiò in un’altra fragorosa risata.
Il sole dietro la nuca gli oscurava il volto e io dal basso del mio metro e settanta non riuscivo a mettere a fuoco i suoi lineamenti o forse, semplicemente non li ricordo più così bene.
« Papà mi ha detto che ti piace leggere; ti va di passare a casa di Marina uno di questi giorni? Così parliamo un po’ di libri »
Come te ne accorgi?
Una decina di anni dopo quell’episodio, ero a casa di un mio collega dopo una giornata di lavoro sul set. Giravamo in notturna e ogni sabato all’alba, subito dopo il It’s a WRAP!! che segna la fine delle riprese, cominciavamo a bere Daiquiri a casa sua fino alle dieci del mattino.
In quel periodo lavoravo per una serie Sky. Dopo gli studi mi ero proposto con una mail ad un Executive Producer: non so fare niente, non ho idea di come cominciare; farei di tutto per entrare nel mondo del cinema. Lui incredibilmente, mi rispose subito.
Ero felicissimo e scambiai il suo inizi domani per la benevolenza di un provvidenziale maestro. Quando poi mi mise a guidare un van nove posti per ventiquattro settimane di riprese a 300 euro lordi a settimana2 capii che non avevo trovato un maestro, ma un padrone.
Eravamo in tre nel bilocale di Sandro quella mattina di luglio.
Blindati come vampiri spaventati dietro le tapparelle serrate, eravamo tutti stremati.
Mentre uno tagliava spicchi di lime e pestava lo zucchero, l’altro preparava il ghiaccio nei bicchieri, mentre Sandro armeggiava con il misurino preparando dosi perfette del suo prezioso rum imbottigliato a Cuba.
« Tu come hai iniziato Sandrone? » chiesi all’improvviso al fonico cinquantenne.
«Come iniziano tutti in questo settore: portando l’attrezzatura al mio Maestro»
« Poi dopo un anno ha cominciato a farmi tenere l’asta del microfono, poi il mixer e mese dopo mese, anno dopo anno, ha cominciato a farmi fare qualche lavoretto da solo, poi due, poi tre. » aggiunse lui aggiustandosi il berretto alla Che Guevara che aveva sempre in testa.
« Ora, dopo venticinque anni, conosco tutti i suoi contatti e quando lui non può perché é su un altro film, vado io. Il bello è che lentamente, in tutti questi anni mi sono fatto anche io i miei contatti e quando non posso io, mando lui »
« E all’inizio non ti è mai venuto il dubbio che ti stesse sfruttando? » chiesi io diretto.
« Mai! Un Maestro non può sfruttarti. »
« E come ti accorgi di aver trovato il tuo Maestro? » gli chiesi.
« … »
« Te ne accorgi » mi rispose lui di getto.
Ciò che so sull’argomento
Sono passati anni dalle parole di Sandro e ancora non sono riuscito a definire precisamente le caratteristiche di un mentore. Non scrivo quindi per fornire un manualetto di come si trova il proprio mentore o per trascriverne la definizione.
Voglio restituire ciò che ho imparato io sui mentori, oggi che non ho più il mio, nella speranza di risparmiare tempo e sofferenze a chi crede di averne bisogno.
1️⃣ Principio di autorità vs mentorship
Quello che ho imparato in questi anni è che la figura di un mentore è preziosa tanto quanto quella di un genitore, ma non è indispensabile per tutti.
Conosco persone che non si porranno mai nelle condizioni di incontrarne uno, mentre altri lo ricercano disperatamente. A questa seconda categoria dico: attenzione.
Aver interiorizzato il pensiero che per poter crescere è necessario un praticantato presso qualcuno, ci espone al rischio di essere sfruttati.
Non mi riferisco certamente all’apprendistato necessario per esercitare una certa professione o alla cieca fiducia che un atleta ripone nel suo allenatore.
Qui mi riferisco all’essere disposti a consegnare le proprie sorti a qualcun altro aprioristicamente.
Quando si vive così, é davvero semplice scambiare il principio di autorità che latentemente ci orienta per mentorship. L’accondiscendenza che inevitabilmente si genera da una relazione di questo tipo, è un’arma potente nelle mani dei disonesti che potrebbero sfruttare il nostro zelo per i propri scopi e farci perdere tempo prezioso.
Non esistono licenze per essere.
2️⃣ Attirate non supplicate
È molto difficile trovare un mentore chiedendolo esplicitamente.
È come chiedere a qualcuno se vi ama al primo appuntamento.
Per come intendo io il ruolo di mentore deve esserci una chimica naturale, un rispetto reciproco; una scintilla.
Non mendicate qualcuno affinché sia vostro mentore. Non supplicate.
Piuttosto siate ricettivi, pronti a riconoscerlo quando lo incontrerete.
Lavorate prima su voi stessi e se avrete la fortuna di incontrare qualcuno di prezioso, riuscirete a parlare la sua lingua.
Attirate il vostro mentore essendo meritevoli di una guida. Non vagate nella speranza di appioppare l’onere di formarvi a qualcun altro. Non cercate di essere salvati.
Dovete essere un seme pronto a germogliare, non una zolla di terra arida respingente.
La pietà non è un buon metodo per attrarre buoni maestri.
3️⃣ Mentore ≠ Coach ≠ Psicologo
Un mentore non è un coach, né uno psicologo. Lo so perché li ho avuti tutti e tre contemporaneamente.
A volte si rischia di fare un bel casino, soprattutto se si avverte il bisogno di una guida per silenziare un malessere che non sappiamo ancora definire.
Uno psicologo ad esempio non è un mentore.
Uno psicologo ci aiuta se avvertiamo di avere un malessere che si manifesta interiormente o esteriormente con conseguenze che consideriamo limitanti.
Un disturbo mentale o comportamento ossessivo non può essere trattato da un amico o da un familiare, ma deve essere gestito da un esperto.
Come ci rivolgiamo ad un personal trainer per aumentare la massa dei nostri deltoidi o seguiamo i dettami del calisthenics se desideriamo avere un corpo armonioso e forte, così dobbiamo rivolgerci ad uno psicologo per coltivare un mente libera e in salute.
Un mentore non è necessariamente un coach.
Un coach ci segue, così come lo psicologo, dietro compenso, generalmente per costruire un pensiero e un’azione strategica volta a superare un’ostacolo specifico o a raggiungere un obiettivo preciso.
Un career coach ad esempio è specializzato in percorsi di carriera e può aiutarci a raggiungere un obiettivo come: negoziare uno stipendio più alto, stilare un piano di job hopping per arrivare tra 5 anni a lavorare in Microsoft, trasformare un impiego subordinato in un’attività autonoma o cambiare completamente mercato.
Esaurito il percorso destinato allo scopo un coach non avrà più nulla da dirvi, se non di settare un nuovo obiettivo. Certo, un mentore può essere anche un coach, ma si tratterebbe di una mera coincidenza.
4️⃣ Qualcuno che è stato dove vorreste andare
Quando ho incontrato il mio mentore ho sentito di aver dato un indirizzo alla mia vita. Ho percepito come una guida aleggiare sulle mie decisioni.
Mi è parso di conoscere qualcuno con cui condividere il termometro delle mie inclinazioni e parlare in maniera completamente onesta dei miei bisogni.
Ho trovato un’incredibile connessione e un senso di autentica comprensione, nonostante la differenza d’età. Un mio simile in grado di percepire e analizzare ogni sfumatura delle mie ambizioni e offrirmi consigli disinteressati; per il solo piacere di aiutare un altro essere umano.
Un mentore per me è qualcuno che è già stato dove desiderereste un giorno di arrivare e con cui sareste disposti a condividere l’immensa gioia del vostro ambito tesoro esistenziale.
È qualcuno con la vostra stessa luce negli occhi, che sa trasformare un bagliore in una fiamma ardente.
Ho letto troppo, ora devo scrivere
Qualche giorno dopo aver conosciuto Andrea suonai al campanello di casa sua e mi aprì la moglie con un sorriso.
« Accomodati, Andrea è in salotto. »
La casa era un’immensa libreria e più mi avvicinavo alla sala, più le pile di libri ammassati uno sull’altro aumentavano d’altezza.
Arrivato in salotto, Andrea era seduto su una poltrona a dondolo con il pc sulle ginocchia.
« Ah, sei venuto alla fine! »
Mi fece accomodare sul divano e iniziò a chiedermi cosa leggevo, quali erano i libri che avessi amato di più e si complimentò con i miei gusti.
Quando, indicando il computer, gli chiesi cosa stesse leggendo, alzo un sopracciglio ed esplose in una delle sue inconfondibili risate.
« Io ormai ho letto troppo, ora devo scrivere »
Al calare della sera, ripercorrendo al contrario il selciato della casa di Andrea, digitavo sul mio Samsung A3 il numero di telefono che mi aveva lasciato per sentirci di tanto in tanto dopo che fossi partito per l’università.
Ripensando a quella giornata in cui per la prima volta mi era riuscito di comunicare qualcosa di importante e intimo ad uno sconosciuto, le mie dita correvano distrattamente sul display del telefono e istintivamente, non conoscendo il cognome di Andrea, digitai la prima cosa che mi venne in mente:
Andrea mentore
Conclusione
Questo era il mio modo di ricordare una persona davvero importante per ciò che è stata la mia vita finora e l’avventura che sarà.
Sarei però altrettanto curioso di scoprire le vostre storie.
Se la tua definizione di mentore differisce dalla mia, mi piacerebbe conoscerla e se ti va di ricordare il tuo mentore, sei libero di farlo nella sezione commenti qui sotto 👇🏽
Grazie ancora per essere arrivato fino a qui!
Si, lo so che non si dice più bidella: collaboratrice scolastica. o personale ATA.
La paga base per un runner o aiuto segretario di produzione è tra i 700/800 euro lordi la settimana o 150/200 euro lordi al giorno per progetti non cinematografici. Da sottolineare che la categoria produzione non percepisce straordinari e dunque non è tutelata come tutte le altre categorie dal contratto collettivo nazionale cinema in caso di orari prolungati oltre il normale. Gli straordinari nel cinema sono abitudine per i registi insicuri o viziati e per un runner che inizia ben prima degli altri e conclude la giornata per ultimo, le giornate lavorative possono arrivare a durare anche quattordici o quindici ore nei casi più estremi. 300 euro lordi a settimana possono sembrare un'enormità agli occhi di un lettore poco esperto delle dinamiche cinematografiche, ma in realtà sono un insulto indescrivibile.